Clavileña


In omaggio alla serie delle biciclette, una piccola, modesta macchina poetica con un motore a due tempi che opera alla perfezione solo con i componenti originali alla base del suo meccanismo:


Impromptu

I
Pasa una bicicleta
por la carretera.
Parece que no es nada
una bicicleta…
Pero vista detrás de una alambrada
ese trasto de dos ruedas
le llena a uno de ideas.

Por la carretera
va que vuela,
una bicicleta.

II
¿Qué treta
me juegas,
fortuna y rueda?
De mis pies nacen andas
y surgen sedas.

Por sólo altibajar mal las rodillas
yo mismo me llevo en sillas.

Ya más que Clavileño, Clavileña
dulce, metálica, sin par sorpresa:
¡Oh noble bicicleta!

Max Aub
Diario de Djelfa, 21.2.1942

Fandanguito
L’Arpeggiata – Los Impossibles




Non si tratta solo delle parole che compongono la poesia e della metamorfosi dell’uomo nel mezzo che sta cavalcando che mi inducono a parlare di perfezione, ma anche di altri elementi, a cominciare dal contesto in cui Max Aub la scrisse, nel campo di concentramento di Djelfa, in Algeria, dove lui, spagnolo di madre francese e padre tedesco, socialista denunciato come comunista, di origine ebraica, nato in Francia, ma sans papiers ante litteram, insomma il prototipo dello straniero indesiderato dalla Francia di Pétain, fu internato.

C’è poi la forza con cui si è impresso nei ricordi visivi di uno spirito internazionalista e laico come quello di Aub il rituale, tutto cattolico, in cui il santo viene portato in processione su un fercolo (anda) ornato di tessuti preziosi.

C’è anche il richiamo letterario al Quijote e al cavallo di legno alato, quello in grado di trasportare l’hidalgo e il suo scudiero in realissimi luoghi immaginari, per non parlare del ruolo svolto dalla bicicletta nel paesaggio familiare in cui si sono mossi i miei nonni materni, la pianura veneta, e, infine, del fatto che la mia, di bicicletta, nel momento stesso in cui ho letto per la prima volta questa poesia di Aub, si è trasformata in un cavallo alato - e considerato che la mia bicicletta cambia continuamente e si chiama Vélib’, la metamorfosi si ripete di continuo, sulla scala delle mandrie.


I
Passa una bicicletta
per la strada.
Sembra che non sia niente
una bicicletta…
Però, vista da dietro un filo spinato,
questa roba a due ruote
ti riempie di idee.

Per strada
vola,
una bicicletta.

II
Che trucco
mi fai,
fortuna e ruota?
Dai miei piedi nascono fercoli
e spuntano sete.

Per il solo alternare maldestro delle ginocchia
io stesso divento il portatore della mia sella.

Sei già più di Clavilegno, Clavilegna
dolce, metallica, sorpresa inaspettata:
Oh nobile bicicletta!


Maxime Noiré, La route de Djelfa



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