Sogno di un giorno di mezza estate


Le Langhe costituiscono un’ampia zona collinare nel nord-ovest d’Italia, terra di vini robusti e di gente abituata alla fatica, e teatro di molte guerre, dalle campagne napoleoniche alla Resistenza partigiana.

In un Luglio di molti anni fa, viaggiando lungo una delle strade che risalgono i crinali di quelle colline, presso il comune di Sale San Giovanni (il “Sale” del nome è traccia residua della presenza di un’antica via del sale) notai una cappella in pietra risalente all’anno 1000. La porta in legno della piccola chiesa, eretta sulla sommità di una collina pitturata dal giallo vivo dei girasoli, era chiusa; all’interno dell’edificio si intravedevano alcuni antichi affreschi.





Mentre sbirciavo dalle piccole feritoie nel muro, interrogandomi ad alta voce sulla possibile storia della cappella, da un punto nascosto tra i girasoli si delineò come dal niente un uomo, con un cappello di paglia in testa e una tavolozza di colori in mano, e si sarebbe detto che Van Gogh fosse ricomparso nelle Langhe. L’uomo si presentò come Pierre (Pëtr) Tchakhotine, e mi inviò presso una casa vicina a prendere la pesante chiave in ferro che apriva la porta della chiesa (“dì loro che ti manda il pittore russo”).


Entrati all’interno della cappella, Tchakhotine mi raccontò di come, anni prima, lui e altri volontari avessero scoperto e restaurato quegli affreschi, prima coperti da calce (nel corso dei secoli la cappella, sconsacrata, era stata usata anche come stalla), e in particolare un affresco del 1400 raffigurante Sant’Anastasia di Sirmio, santa il cui culto in passato era stato vivo tanto in Occidente che nell’Oriente cristiano.

Il pittore mi raccontò di come, in seguito al recupero degli affreschi e su iniziativa di un comitato composto in nome di Sant’Anastasia, durante la guerra in Jugoslavia due icone raffiguranti la Santa avessero viaggiato lungo l’orbita terrestre a bordo della stazione spaziale Mir, come auspicio di pace.


Alla fine di quel pomeriggio di immagini e di parole, mentre scendevo dalla collina e scomparivano dalla vista sia la chiesa che il pittore, mi sembrò che quell’incontro inatteso fosse stato un miraggio indotto dal sole e dalla suggestione dei luoghi; solo il peso della chiave di ferro nella mia mano manteneva fede alla realtà.


Anni dopo incontrai nuovamente e per caso quel cognome, Tchakhotine: era sulla copertina di un libro scritto dal russo Sergej Tchakhotine sul catastrofico terremoto che nel 1908 devastò le città di Messina e di Reggio Calabria uccidendo circa 160.000 persone (fonte Michele Squillaci, Il disastroso terremoto e maremoto in Sicilia e Calabria del 28 dic 1908).



Sergej Tchakhotine fu un personaggio davvero singolare: scienziato, collaboratore di Roentgen - lo scopritore dei raggi X - assistente di Pavlov, ma anche propagandista antinazista nella Germania degli anni ‘30, amico di Einstein, fondatore del Movimento per la Pace.

Ed era il padre del pittore Pierre.

Nel 1908 Sergej si trovava a Messina, e restò sepolto sotto la casa in cui abitava, distrutta dal terremoto; riuscì a salvarsi scavando una via di fuga attraverso le macerie.

Sant’Anastasia è detta, in russo, Uzoreshìteľnitza, Colei che libera dai vincoli, e quindi protettrice, tra gli altri, anche di quanti rimangono sepolti sotto le macerie causate da un terremoto.

Il cerchio, a questo punto, si è chiuso.

Sempre che tutto questo, beninteso, non sia stato davvero solo un sogno di mezza estate.


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